LA STORIA

Il territorio del Congo è situato nel centro dell’Africa, si estende per 2.345.049 chilometri quadrati, cioè un quarto dell’estensione degli Stati Uniti d’America, quasi la totalità dell’Europa Occidentale e 80 volte il territorio del Belgio. È il terzo in estensione di tutto il continente africano. Confina con la Repubblica del Congo Brazzaville e l’Oceano Atlantico ad Ovest, la Repubblica Centro Africana ed il Sudan a nord, la Repubblica dell’Angola e lo Zambia a sud-est, dal sud al nord con Tanzania, Burundi, Ruanda e Uganda. Il nostro compito è proporre un’investigazione per approfondire i misteri del passato, sulla nostra preistoria della quale non sappiamo nulla; dal momento che, le fondamenta della storia sono la base dell’informazione sul nostro popolo, sulla propria vita e sulla sua cultura, su questa base partiamo alla ricerca dell’identità. Si pensa che i primi abitanti del Congo furono rappresentanti della razza pigmea, la cui origine si situa nel paleolitico nella parte centrale del Congo. Sappiamo che furono costretti a risiedere nelle giungle da gruppi di invasori Bantùs e quindi trasformati in una popolazione emarginata. Il resto della popolazione congolese è principalmente bantùs. Per quanto riguarda l’arte, il Congo è ricco di manifestazioni estetiche e rappresentazioni plastiche di differenti oggetti. Sotto questo punto di vista il Congo si divide in due zone principali: sud e nord, a seconda delle caratteristiche dello stile grafico delle pitture murali. La musica si caratterizza per enfasi di ritmo, con molteplicità di strumenti e stili. Il ballo rappresenta con efficacia le differenze che costituiscono il folklore di ogni gruppo etnico. Le lingue sono di difficile comprensione e quasi ciascuna etnia conta la propria. La vasta diversità di lingue in uso nel Congo discende da quattro ceppi principali ancora utilizzati come seconda lingua: il Kiswahili ad est, il Kikongo nel sud-ovest, il Chiluba nel centro-sud e il Lingala a nord. Di questi 4 idiomi prevalgono Lingala e Kiswahili. Esiste un certo numero di civiltà, 7 le più importanti: la civiltà Kongo, Mongo, Kuba, Luba, Lunda, Warega ed il Magbetu Azande. Grossolanamente abbiamo tentato di dare un’idea delle poche cose che conosciamo sulla nostra storia e civiltà, così come dei nuclei etnici più importanti fino ad oggi. Questa diversità rende difficile immaginare il percorso di formazione di una nazione. La prima esplorazione del Congo da parte del mondo occidentale, della quale abbiamo notizia, fu del portoghese Diego Cao attraverso le foci del fiume Congo nell’anno 1482, anno peraltro dell’incontro tra l’Europa e l’America, e che gli impose il nome Zaire, vocabolo che deriva dal congolese Nzale (acqua estesa). Cao realizzò due viaggi successivi nel 1485 e 1487, in questo ultimo risalì il fiume fino ai primi insediamenti esistenti oltre l’attuale città di Matadi. Nel suo secondo viaggio, stabilì contatto con gli abitanti della riva del fiume, come col re del Congo. All’epoca il Congo si estendeva lungo il bordo meridionale del fiume omonimo, un territorio attualmente riferibile al Congo ed all’Angola messi insieme. Risalì fino alla capitale Mbanza Congo. Diego stabilì relazioni per conto del re di Spagna, del Portogallo e del Papa di Roma col re del Congo. Questa data segnò la perdita della pace e della sovranità, come la scoperta dell’America ebbe conseguenze disastrose negli scenari geopolitici. Dal 1840 fino al 1872, il missionario inglese David Livingstone intraprese una serie di esplorazioni in Africa, durante le quali attraversò vari punti del Congo. In uno dei suoi viaggi attraversò le regioni di Kasai e di Kwango, da est ad ovest, e nel 1854, giunse fino a Luanda in Angola. Durante la sua ultima esplorazione (1866-72) scoprì il lago Mweru ed il fiume Luapula in Katanga. L’esplorazione della zona occidentale Africana fu riservata a Henry Morton Stanley, nato a John Rowlands (Inghilterra), partito alla ricerca del missionario inglese Livingstone fino al suo incontro sul picco di Ujiji, il 10 novembre del 1871. Da allora Stanley organizzò varie esplorazioni. Affrontando le dispute sorte tra i paesi europei in relazione ai confini dei territori africani, il principe Bismark convocò la conferenza di Berlino che si tenne dal 15 novembre 1884 fino al febbraio 1885. A questa conferenza, alla quale non partecipò nessun re africano, il re Leopoldo II riuscì a convincere gli Stati Uniti e tredici potenze europee di allora, sul riconoscimento del Congo, come stato sovrano e la delimitazione dei confini. Si compì il dispotismo degli europei contro l’identità e sovranità congolese, non rispettando la volontà sovrana dei nostri imperi e tenendo separati i territori in varie nazioni con l’uso della forza, con disprezzo della nostra cultura, civiltà e religione. Il 30 aprile del 1885 infatti il parlamento belga autorizzò il re a proclamarsi sovrano dello Stato libero del Congo con un atto nel quale si convertì il Congo in una proprietà privata di Leopoldo II. Un territorio 80 volte più grande della suo regno in Europa. Incominciava una nuova forma di schiavitú “con la croce come simbolo di civiltà e cultura contro la nostra definita selvaggia”. Alcuni analisti e osservatori, hanno definito la colonizzazione del Congo come il peggiore esempio di brutalità. Per questa ragione ed anche per la risoluzione adottata dal re Leopoldo II, lo stato libero fu trasferito ufficialmente al Belgio, come colonia, il 20 agosto del 1908. Per i belgi la nostra terra era nient’altro che una merce di scambio, una donazione, un regalo, e così rimase fino a 30 di giugno 1960 giorno dell’indipendenza nominale. Dopo 42 anni, i movimenti indipendentisti che si formarono a seguito di alcune contestazioni etniche, facendo leva sull’identità razziale comune, produssero un effetto entusiasmante che alcuni dei suoi capi, per semplice opportunismo o per ragioni tattiche, continuano a perseguire fino ad oggi. L’eterogeneità dei partiti politici, basata sulle ideologie etniche, è la conseguenza dell’instabilità del Congo, dalla sua decolonizzazione. Nel nostro popolo, la vera portata ed il significato dell’indipendenza era appena percepito come una vaga idea. Solo nelle città si aveva un certo livello di coscienza di quello che più o meno realmente rappresentava. La molteplicità di partiti ha dato luogo ad un quadro che offre particolare confusione per coloro che sono abituati a pensare in termini politici molto semplici. Al primo di settembre del 1959 esistevano 31 partiti, già l’11 gennaio del 1960 questa cifra era arrivata a 51 ed il 20 di maggio dello stesso anno si contavano non meno di 120 organizzazioni politiche, a solo un mese dall’indipendenza. È l’organizzazione tribale a caratterizzare i gruppi politici e così, rispondendo a questa logica, quasi tutti i partiti politici che si formarono hanno origine nella tribù. Ovviamente nascono nelle città dove più avanzata è la cultura politica. Per quanto detto, il Congo appare un’unità politica agli occhi dei congolesi, e può sembrare abbastanza normale e naturale per gli occidentali; in questo caso però i limiti politici di un Stato denominato Congo la cui creazione risale all’anno 1885, non può essere norma naturale per i congolesi. La realtà non ci pone di fronte ad uno Stato centralizzato, bensì ad un miscuglio, un caleidoscopio nel quale ritroviamo il politico ed il sociale con base di appoggio nelle popolazioni, nelle tribù e, al massimo, nelle regioni. In considerazione di tutto ciò, per quale motivo dobbiamo noi congolesi, considerare il Congo come un Stato unificato politicamente? In ogni caso, tale unità non passa come artifizio politico che in qualche modo coincide con i confini della nazione, con la distribuzione etnica e regionale, tutt’altro ed abbiamo perfetta coscienza di questo fatto; basta tener presente le frontiere arbitrarie stabilite dalle potenze coloniali occidentali col fine di rispondere alle proprie necessità politiche. È per questo che sono in numero scarso i partiti politici che brandiscono l’argomento di un Congo unificato. Fino ad oggi molti politici opportunisti ed egoisti sfruttano l’ignoranza del nostro popolo su questi argomenti per favorire una sottomissione al sistema straniero. Quello che succede realmente, e molte volte non indovinate a comprendere, è che sono precisamente, gli europei, i propri atti, quelli che ritengono rozzi gli altri popoli. Questi nemici dell’Africa libera chiedono agli africani, né più né meno, che il popolo dimentichi il suo sistema di vita e lo rimpiazzi con il sistema occidentale, ritenendo quest’ultimo perfetto per la sua egemonia. Raramente si soffermano a pensare quanto grandi sarebbero le difficoltà che essi sperimenterebbero nel caso in cui le posizioni si invertissero e fosse loro richiesto di ordinare la propria vita secondo i canoni di una società africana e conforme alle abitudini di questa. L’ipotesi della supremazia della loro civiltà deriva dal mero fatto di avere conquistato con la forza delle armi il continente africano per cui ritengono un diritto estensivo tale conquista al campo delle relazioni umane. L’occidente ha fabbricato il fucile per uccidere l’uomo, ma non ha fabbricato niente per uccidere la verità. La costituzione del processo nazionale non è solo un problema geografico e territoriale, bensì contemporaneamente un processo di creazione di una dinamica di identificazione nazionale che abbraccia il piano economico, politico, culturale ed ideologico in generale. I vincoli nazionali sono eterni perché derivano dal passato mistico, e sono perpetui come quelli biologici, sociali e psicologici. Oggi grazie agli organizzatori di questo convegno, ci siamo riuniti per ricordare i 42 anni dell’indipendenza del Congo e tutti i suoi figli che fino ad oggi hanno offerto la propria vita per la vera indipendenza. Le tribolate vicende del Congo dopo il 30 giugno 1960, iniziarono a meno di un mese con la secessione della provincia di Katanga di Moise Tchombe e a meno di 7 mesi dall’indipendenza con il golpe militare di Mobutu. A gennaio del 1961, Lumumba è assassinato in Katanga per mano di Tchombe con la complicità di Mobutu e delle potenze occidentali sotto il vessillo dell’ONU; organismo in cui Lumumba aveva ciecamente confidato, dimenticando che era diretto da potenze capitaliste la cui maggioranza aveva vasti territori di III° mondo colonizzati; finti difensori della democrazia sotto la bandiera di questo organismo, essendo la colonizzazione atto anti-democratico. Questo fatto lo possiamo classificare come terrorismo di stato, violazione del diritto internazionale pubblico, pratica molto comune fino ai nostri giorni per eliminare fisicamente i dirigenti che rivendicano la vera indipendenza. Il comandante Ernesto Che Guevara, nell’Assemblea delle Nazioni Unite a dicembre del 1964, disse testualmente: “Bisogna vendicare la morte di Lumumba, perpetrata sotto la bandiera di questo organismo internazionale”; così accusò di complicità l’ONU per questo assassinio. Ernesto Che Guevara, guerrigliero eroico che porto sempre come esempio, 4 mesi dopo questo intervento si trovava nella selva del Congo a combattere con una colonna di valorosi figli della terra di José Martí, affianco al popolo congolese tanto che ancora oggi 6 di essi riposano nella terra di Lumumba; simbolo della globalizzazione umanitaria. “Patria è umanità” non è un semplice concetto, bensì il pensiero di Martí riproposto dal guerrigliero eroico, Tatù per gli africani e Che per latinoamericani. La solidarietà del popolo cubano che condivide quel poco che ha con tutti i diseredati della terra mi permette di citare un pensiero del Che o Tatù (il suo nome nella guerriglia del Congo): “L’istruzione del popolo è l’arma della vittoria”, per questo, chiedo ai miei compatrioti e agli studenti che riflettano e si sforzino nello studio, così si compie la solidarietà umanitaria. Brandendo l’arma della vittoria che è l’istruzione. Gloria eterna ai caduti per un mondo più umano. Fino alla vittoria sempre. L’Africa farà la sua storia.