Ricerca della redazione:
Chiudete gli occhi: voglio portarvi in una
terra lontana, un rettangolo chiuso tra Cina e India. Un luogo in
cui le montagne sono talmente alte da infrangere le cortine
celesti, un posto in cui si affidano preghiere al vento e si
bruciano incensi in un silenzio irreale, una terra definita l’incontro
tra uomini e dei. Voglio portarvi in Nepal, nelle sue atmosfere,
tra le sue montagne che hanno il nome di divinità: l’Everest,
detto Chomolumga, cioè il dio che cavalca un leone di montagna; l’Annapurna,
la dea della fertilità. Si dice che questa terra cambi l’anima
alla gente che la visita; dagli anni sessanta, meta ricorrente
degli itinerari hippy, il suo scenario rappresenta quanto di più
distante e incomprensibile possa capitare ai palati dal gusto
annacquato, tipico di noi occidentali.
Si comincia a parlare della sua storia dal
1796. Il resto è avvolto nel mistero. Questo vuoto storico è
colmato, in qualche modo, dai miti. Ve ne racconto solo uno: all’inizio
dei tempi, la valle di Kathmandu era uno specchio d’acqua ferma.
Ma un dio con la spada tagliò la cima delle colline circostanti
che riempirono il lago e formarono l’attuale fertile vallata. Ed
ora, se il quadro v’interessa, proviamo a ragionare su un
argomento interessante.
Teocrazia: una parola sempre più raramente
usata ai giorni nostri. Indica un governo sottomesso, nelle sue
funzioni civile e politica, al potere religioso. Il re del Nepal
si considera un diretto discendente di Visnù, dio della Trimurti.
Lo scenario religioso nepalese vede la predominanza dell’induismo
(86% della popolazione) sul buddhismo (7,8%) e sull’islamismo
(3,8%). Fin qui, niente di particolarmente strano.
La popolazione nepalese è un incrocio di
razze, una antica mescolanza tra genti di stirpe mongolica,
indiana e indigena nepalese. E’ divisa in caste, ma vista la sua
vicinanza con l’India, nemmeno questo elemento desta
interrogativi di rilievo.
Il fatto curioso e, ai giorni nostri,
piuttosto unico nel suo genere, è l’esistenza di una casta di
astrologi di corte. Certo, sappiamo che, anche gli occidentali
ricorrono all’ausilio delle "stelle", persino in tempi
razionali come i nostri, ma trovarsi in un paese in cui gli
interpreti del cielo abbiano una carica istituzionale è
quantomeno un elemento nuovo.
Ecco il dato singolare: in Nepal il re
ricorre al consiglio divinatorio di una classe sacerdotale o
pseudotale. Non ci è dato sapere quanto sia fattiva tale
"collaborazione" né se investa ambiti decisionali
rilevanti o sia da circoscrivere solo alla vita personale dei
regnanti, ma questa sua peculiarità pone almeno una domanda:
questo fazzoletto di terra, compresso fra due potenze culturali
quali Cina e India nelle quali non risulta esservi alcuna casta di
astrologi che si affianchi ai poteri governativi, da dove fa
derivare questa tradizione?
Quest’usanza ha un sapore antico, evoca
grandi civiltà e sterminati imperi sepolti sotto millenni di
storia. Il cielo e i suoi segreti, le sue influenze sul mondo
conosciuto, i moti planetari e le energie cosmiche. Intere
civiltà hanno scrutato questa fonte infinita di ricchezze e
segreti a caccia di risposte sulla vita dell’uomo. Alcune ne
hanno tratto potenza e conoscenze che ancora oggi ci affascinano e
ci pongono intriganti interrogativi. Mi vengono in mente i
potentissimi sacerdoti del culto di Tebe, la città che ha legato,
più di qualsiasi altra capitale del regno, il suo nome alla
fortune dell’impero egizio. Gli adepti di Amon, il dio nascosto,
una casta che nei secoli sviluppò una potenza talmente grande da
intimorire perfino i faraoni e che, per questo motivo, fu
costretta a pagare un elevato prezzo riparatore. Il quesito è: a
distanza di tremila anni e più, è possibile trovare qualche
punto di contatto tra quell’antica casta egizia e l’odierna
nepalese?
Svilupperemo insieme questo tema, ma solo
nella II Parte.
Il più cordiale arrivederci.