E’ notte. Un’altra notte come tante
in cui il ragazzo si chiede chi sia quel volto che affiora
dalla memoria del sangue. E’ un volto strano, mostruoso,
primitivo come un’idea senza riscontro: l’immagine di
un padre lontano, un padre non-padre, un padre ingrato. La
mano assente dell’infanzia, la voce sconosciuta dei
ricordi, il vuoto delle braccia e degli occhi.
La nostalgia di cose mai conosciute e
mai chiamate per nome è straziante, chiude lo sguardo,
sfianca le reni, sfuma i contorni del reale. Poi, un
giorno che non ti aspetti, in una stazione sulla terra,
quel volto riemerge dalla nebbia, si fa chiaro, luminoso.
Il ragazzo si attacca alla mano di una sorella ignota, si
fonde coi ricordi di lei, parte con la valigia vuota e la
riporta indietro pesante di un carico soave. Insieme a
lei, sulla tomba del padre, davanti alla foto sbiadita di
ciò che poteva essere e non fu, è come ritrovare un
brandello di certezza di appartenere, infine, a qualcuno.
E l’odio si placa, il furore s’addormenta sfinito, la
speranza riprende la sua strada di inciampi. "Chi
sono io? Cosa sarei potuto essere?", domande senza
risposta. Ma cos’è importante Alex? La risposta o la
ricerca?
E’ notte. E i tuoi viaggi di pellegrino continuano
verso mete improbabili. Ma dormi tranquillo, Alex. C’è
una risposta che non troverai mai, però cercandola ne
arriveranno altre. Le tue.
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